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RINUNCIAMMO ALLE MONETE, RINUNCIAMO AGLI ESERCITI NAZIONALI - La Ragione, 25 settembre 2021




Appena tre mesi fa, i capi di governo europei hanno sottoscritto senza batter ciglio il documento finale del vertice della NATO di Bruxelles, che si è soffermato a lungo su Russia e Cina liquidando la più imponente missione NATO in due paragrafi nei quali si auspicava un processo di pace inclusivo e ci si autocongratulava per il successo conseguito in Afghanistan.

Firmate appena ieri quelle amenità, l’Europa si è poi auto-assolta nel disastro di Kabul, perché tanto “la colpa è sempre dell’America” – questione di complesso di superiorità e di inferiorità. Tuttavia, nel loro uscire dall’Afghanistan costi quel che costi affidando ai talebani il compito di badare all’ISIS & C., gli americani hanno mantenuto, da Trump a Biden, una propria linea; oggi subiscono un pericoloso danno di immagine, ma la loro potenza operativa resta intatta. All’Europa spetta invece maggiore rischio di terrorismo a casa, un robusto flusso di rifugiati verso i quali abbiamo qualche debito, e un traffico di eroina che è ora arma e ricatto di gente come i talebani.

A queste minacce – che riguardano assai meno l’America - l’Europa fa fronte con la sua debolezza. Anche a Kabul – ma anche la vicenda dei sottomarini francesi ne è altra conferma - si è scontato una volta di più il naufragio della Comunità Europea di Difesa del 1954 e della creazione di forze armate europee non solo coordinate, ma sottoposte a unico comando. Una scelta che oggi richiede una Conferenza Inter-governativa ad hoc, o l’avvio di una cooperazione rafforzata tra gli Stati che ci stanno. Il ministro Di Maio, che si è giustamente pronunciato per una difesa europea, non ha che da proporre l’una o l’altra strada – e vediamo chi ci sta.

Un singolo esercito europeo disporrebbe di una forza di poco inferiore a quella americana. Vi sarebbero scelte non facili per taluni, come il ruolo ineludibile della Francia, forte del suo seggio ONU e del suo armamento nucleare, e altri ostacoli, perché forze armate europee implicherebbero una politica estera, un ministro della difesa, uno spionaggio, un’industria militare, europei.

Problemi reali, ai quali si possono contrapporre almeno tre fattori. In primo luogo, i notevoli risparmi derivanti da un singolo esercito europeo, come confermato da numerosi studi. Poi, una capacità operativa rafforzata, tale, ad esempio, di poter controllare l’aeroporto di Kabul come erano in grado di fare americani e perfino turchi, ma non gli europei. Infine, il sostegno dei cittadini a una comune difesa, che oggi, dopo le immagini afghane, non mancherebbe. La stessa recente crisi diplomatica sui sottomarini americani anziché francesi, ribadisce il ridotto raggio d’azione di un singolo Stato europeo.

Se abbiamo saputo rinunciare al marco tedesco e al franco francese, sapremo rinunciare alla sovranità nazionale su cacciabombardieri e carri armati. La disfatta di Kabul tra venti anni dovrebbe essere solo un brutto ricordo, il “fallimento di un’altra epoca”. Oppure, già domani, quella disfatta potrebbe ripetersi ovunque gli interessi dell’Europa siano in gioco. Cominciando, non è prospettiva remota, dal Sahel.


Niccolò Rinaldi


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