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NELL’ANNO DI DANTE: UN MODO MOLTO FIORENTINO DI RICORDARLO - Florence is You, 22 gennaio 2021




Quando Santa Croce fu ormai riconosciuta come mausoleo delle glorie nazionali, fu progettato un grande monumento funebre per accogliere le spoglie del Sommo Poeta, ma rimase il cenotafio che vediamo oggi, perché Ravenna guastò i programmi fiorentini opponendosi alla restituzione dei resti di Dante, facendosi forte dell’accoglienza data al poeta nazionale dopo che Firenze lo aveva esiliato. Firenze rispose concretizzando la voglia di saldare il debito col proprio figlio prediletto e maltrattato, moltiplicando i riconoscimenti, a volte anche in maniera maldestra. La piccola Via Dante, pur opportunamente scelta là dove c’erano le case degli Alighieri, non è certo un’arteria di grande circolazione, mentre il Museo con la Casa di Dante è soprattutto una ricostruzione.

Quanto al monumento più visibile, quello in Piazza Santa Croce, si fece una sorta di gaffe, collocandolo prima al centro della piazza, per poi rimuoverlo con imbarazzo e spostarlo a sinistra del portone della chiesa per fare posto alla ripresa delle partite del calcio in costume nella piazza.

Ma questo è solo uno dei tre monumenti cittadini a Dante, e anche su questa pluralità i fiorentini sono riusciti a dissacrare. Infatti nel primo, la scultura di Dante, nel cenotafio all’interno di Santa Croce, il poeta è raffigurato seduto e curvo in avanti; nel secondo, la statua collocata davanti a Santa Croce, ancora in piedi e con la mano posta dietro, sul fianco, e infine, sotto la loggia degli Uffizi, in piedi con un braccio alzato e l’indice vicino al naso.

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Il solito spirito beffardo dei fiorentini non si è lasciato sfuggire l’occasione di dissacrare la sequenza di tutti questi monumenti al poeta nel modo di dire, riportato anche dal poeta vernacolare d’inizio Novecento Venturino Camaiti, che ha riscritto una parodia dei cento canti della Divina Commedia con altrettanti sonetti e ha riportato l’affermazione “Dante nel tempio la fa, in piazza si netta, e sotto la loggia se l’annusa”...

L’attento osservatore si potrà divertire constatando quanto sia corretta o meno l’idea offerta dalle tre sculture. E potrà riflettere se una tale ironica affermazione dia definitivamente ragione a Ravenna che vanta di essere il luogo che ha saputo accogliere Dante a differenza di una Firenze ancora oggi incorreggibile nella mancanza di rispetto, oppure sia una forma popolare di affetto che altro non è che la più alta forma di complicità tra una città e il suo figlio più importante, una vera e propria espressione della gloria tributata.


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