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IL CERTIFICATO VERDE DIGITALE - Il Commento Politico, 28 aprile 2021


LETTERA DA BRUXELLES


Non sarà l’ultima delle tante partite intraprese dalle istituzioni europee per far fronte alla pandemia, ma sarà una delle più visibili. A seguito della proposta di Regolamento del 7 marzo scorso da parte della Commissione e dell’adozione del Consiglio, il Certificato Verde Digitale è ora all’esame del Parlamento.

Di questo certificato c’è fame – lo invocano in particolare paesi come l’Italia, che nel 2020 hanno subito una riduzione di 27 miliardi di euro nelle spese dei viaggiatori stranieri, un calo di circa il 61% rispetto all’anno precedente. Ma l’attesa è grande quanto le difficoltà: non sarà un documento di viaggio e un “passaporto sanitario”, eppure sarà indispensabile per spostarsi; contenendo dati sensibili, già si levano le voci per la sua compatibilità con il diritto alla riservatezza, nonostante che il commissario Reynders abbia assicurato che sarà applicato il principio, non privo di ambiguità, del “data minimisation”; dovrebbe restare in vigore un anno, ma più volte norme straordinarie sono diventate permanenti; il suo rilascio sarà gratuito, ma finora non lo sono gli indispensabili pre-esami virologi, con pratiche diverse negli stati membri e conseguenti rischi di discriminazione tra cittadini europei. Dopo la proposta di Regolamento del 7 marzo scorso da parte della Commissione, con la sessione plenaria in corso il confronto su questi e altri temi tra Consiglio e Parlamento sta entrando nel vivo. Il certificato lo si vuole operativo per giugno, e a ritmo serrato i tempi ci sono, ma c’è anche il rischio che lo strumento vada a regime ben più tardi, del tutto o in buona parte inutile per aiutare l’incerta stagione estiva.

Tra i punti fermi vi sarebbero il codice QR con firma digitale quale prova dell’autenticità dei documenti caricati, il formato, e il contenuto, con la conferma della vaccinazione, della presenza di anticorpi per precedente contagio o dell’esito negativo del test.

Forma, criteri, modalità di rilascio, verifica dei dati comuni in tutta Europa: sarà possibile?

Gli ostacoli principali - il paventato accesso a dati sensibili e il rischio di trattamenti discriminatori tra cittadini europei – non sono insormontabili. Pesano più alcuni precedenti: già lo scorso anno circolava l’ipotesi di un passaporto digitale attraverso una specifica applicazione, ma si è tergiversato. Né si è mai arrivati a un’unica “Immuni” europea, avendo ogni paese sviluppato l sua app. Si è tentata una classificazione europea dei vari colori con relative misure restrittive, ma di fatto si è indugiato nell’attuale cacofonia arlecchinesca. Nonostante alcuni sforzi, il viaggiare è ostaggio di una selva modulistica mai unificata o da quarantene di lunghezza variabile – e non sarebbe stato difficile concordare comportamenti uniformi. Anche per i parametri di aperture, chiusure, tipologie di attività permesse o meno, aspetti cruciali per l’economia e la società europea, dopo alcuni timidi tentativi si è poi perseverato in un sistematico fai da te, complicato dai conflitti di competenza tra regioni e stati centrale, specchi di quelli tra stati ed Europa.

Come è accaduto con la modesta attivazione del meccanismo europeo di protezione civile, le responsabilità di queste false partenze, di queste sinergie disattese, sono puntualmente degli Stati membri. Ogni volta il problema è stata la poca Europa, frenata dalle miopia degli stati, mai la troppa.

Il processo decisionale del Certificato Verde è simultaneo con la partita già in corso dei vaccini, nella quale ancora una volta si intrecciano i ruoli degli stati e quelli della Commissione: la poca trasparenza dei contratti, i ritardi, le valutazioni non identiche delle autorità nazionali sulle controindicazioni. Ma se una trattativa con il mondo farmaceutico risente di rapporti di forza contingenti, a vantaggio di un mondo tradizionalmente potente e che si è trovato il coltello dalla parte del manico, ogni aspetto di contenuto e di procedura per il Certificato è materia tutta nel potere delle istituzioni europee – Commissione, Consiglio, Parlamento.

Non sarà l’ultimo dei tanti provvedimenti europei nel durante e post-pandemia, ma è uno di quelli che più direttamente può entrare “nelle tasche” di ogni cittadino. A suo modo, una prova di appello di efficienza rispetto a certe inconcludenze, a molti “non fatti”. Potrebbe essere, e ci sono buone speranza, il sapore finale della capacità di azione comune, quello destinato a lasciare l’impressione diffusa di un’efficienza europea in tempi di pandemia – o no.


Niccolò Rinaldi


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