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LA RIVOLUZIONE DEGLI EUCALIPTI - Rewriters, 11 giugno 2021


“Mettono radici”, e li pensiamo come presidi dell’immobilità. Non è così: gli alberi viaggiano, approdano a noi da lontano. Il cipresso, icona toscana, è arrivato via Cipro dall’Oriente, asiatici sono tutti gli agrumi tipici della Sicilia, il fico è un migrante dal Caucaso. L’eucalipto ha computo il viaggio più lungo, dall’Australia, e in poco tempo è riuscito a plasmare il paesaggio italiano, in particolare di Roma e dell’Agro. Del lupo di mare ha l’aspetto, con la chioma spettinata, la corteccia trasandata, i rami ombrosi e pigri, le tracce del tempo scalfite su una crescita vigorosa che non conosce timidezze. Gli eucalipti hanno l’esuberanza di Roma, sempreverdi e testimoni della Storia – “la raccontano, la vivono, la subiscono”, scrive Nina Maroccolo che con gli eucalipti, partendo da un boschetto nei pressi dell’EUR, ha intrecciato una lunga conversazione che è diventata La rivoluzione degli eucalipti – una mostra alla Galleria d’Arte Moderna di Roma aperta fino al 29 agosto un libro di oltre 150 pagine che va ben oltre il profilo del catalogo – ed è un piacere leggere gli splendidi contributi, tra gli altri, del poeta Plinio Perilli e del critico Claudio Crescentini. Tutti ispirati al cospetto dell’eucalipto, dove Nina Maroccolo non se ne è rimasta con le mani in mano, e da vera artista che è anche grande artigiana, è come alle prese con delle proprie terminazioni nervose – per riprendere la foto di Guido Foà per Rewriters. La mostra di Nina Maroccolo Chi viaggi attraverso la mostra della GAM, resta sorpreso dalla moltiplicazione di linguaggi creativi che scaturisce da questo interloquire con l’eucalipto: fotografie, poesie, sculture, design, e altre piste emotive che si aprono con pezzi di corteccia che sono cicatrici, frammenti di rami che diventano corpi, foglie come fogli (è la stessa radice linguistica indo-europea), verticalità del tronco quali sentinella della vita. Il Covid (origine da laboratorio, o forse animale, ma, detto per inciso, mai un virus è stato sprigionato dall’amico albero) non lo ha permesso, ma questa rivoluzione eucaliptica avrebbe dovuto essere anche performance, letture pubbliche. Dunque un albero totale per un’arte totale, e per viaggi totali: tra mostra e libro si rimbalza tra Australia e Roma, Mediterraneo e isole Svalbard, il Brasile dei Guaranì e dei Tupinikim, l’Africa, la “città interiore”; e si seguono il viaggio planetario della biodiversità (la mostra è inserita nella Giornata della Terra 2021), quello chimico per linfe e cellule della xilema e della floema, il nomadismo-metamorfosi delle policromie offerte dall’eucalipto nel suo divenire. Il viaggio di cui abbiamo bisogno Il viaggio rivoluzionario degli eucalipti è anche quello di cui abbiamo bisogno, perché siamo fatti della stessa materia, con fibre e resine che conservano e trasmettono i segni impressi dall’uomo e che ora un’artista raccoglie e ritrasforma da par sua. Nelle sale della GAM pare di sentire l’Orlando shakespeariano nella foresta di Arden, “Questi alberi saranno i miei libri; sulla loro scorza io scriverò pensieri” pare scorgere i detenuti dei gulag affidare alla corteccia delle betulle i loro ricordi – quasi un atto di rivincita nei confronti dei libri usati come legna da ardere per riscaldarsi nel freddo polare. Pare d’imbattersi in quel collezionista di Nantes (sommo riscrittore, altro rewriter) che ha rivelato un altro modo di viaggiare, raccogliendo oltre un centinaio di legni di diverse provenienze prelevandoli dai pallet; nel genio stravagante di Corrado Arezzo, che ottenne per regio decreto il permesso di inviare dalla sua Sicilia le foglie coriacee di un suo fico a mo’ di cartoline debitamente affrancate (oggi preziose rarità filateliche). E vien da pensare anche a quella installazione che è l’Albero della Bicicletta nel bellunese, che nella sua crescita ha inglobato il ciclo abbandonato da un contadino nel 1952. Così, Nina Maroccolo ha il merito di porre al centro non l’ego vanitoso dell’artista, ma l’eucalipto, facendone il seme di mille cose, memore che come la scienza, lo stesso viaggiare sia uscito dagli alberi. È la forza di questa mostra e di questo libro/catalogo, delle mille forme in cui si articola, ricordandoci quanto noi tutti dipendiamo dagli alberi, fornitori primi di ossigeno ma capaci anche di condizionare la cultura (ad esempio tanti alfabeti, come quello birmano, sono tutti tondi per evitare nella scrittura di fendere le foglie con segni rettilinei) e ogni forma creativa. Già Leonardo si convinse che attraverso di loro sia possibile leggere gli aspetti del mondo. Basta sapere osservarli, che è esattamente quello che ci insegna questo eccezionale viaggio degli eucalipti. Altrimenti, male ce ne incorra, perché l’avvertimento di Chateaubriand “Ovunque siano spariti gli alberi, l’uomo è stato punito per la sua imprevidenza” si estende dal taglio anche al vivere in mezzo agli alberi ormai a loro estranei, a casa o in viaggio.

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