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GIORNATA MONDIALE DIRITTI UMANI - Critica liberale/Non mollare, 5 dicembre 2022




GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI UMANI: IL 10 DICEMBRE MARCIA PER L’IRAN

C’è tanta bellezza nella protesta iraniana, perché vuole la libertà ed è pacifica e dunque richiede una dose immensa di sacrificio, umiltà e volontà. Abituati alla sofisticata creatività degli iraniani, ammiriamo in questa protesta una forma d’arte, popolare e conquistata duramente giorno dopo giorno.

È la lezione della piazza iraniana, una delle poche interamente non-violente (di così disarmate: Tibet e Hong Kong, Venezuela, cos’altro?), che ancora non cede nonostante il regime abbia già ammazzato oltre trecento ragazzi e disponga di nuove tecnologie che permettono quasi di entrare nella sfera più privata del pensiero. Ma in Iran “all is lost, nothing is lost”, perché il dispotismo (che qui ha le vesti del clericalismo con una religione che è strumentalizzata a ideologia di Stato, così come altrove il comunismo è quella religione che si serve al popolo in forma di oppio) va avanti con una sovranità di forma preistorica. L’autolegittimazione degli ayatollah decide quali diritti elargire, spaventata dal ribaltamento rivendicato dai giovani democratici, per i quali lo Stato di diritto non è “semplicemente lo Stato che rispetta i diritti da lui istituiti, ma è lo Stato la cui sovranità è aperta a consacrare i nuovi diritti emergenti della società” (riprendo da Aldo Masullo, al convegno del 2017 “Stati Uniti d'Europa - una nuova sovranità a garanzia dei diritti dell'individuo e per vincere il dolore sociale").

Quel che emerge dalla società iraniana lo ricordo dalla mia ultima visita a Teheran tre anni fa, con alcune cartoline: due ragazzi che suonano rock, gagliardi e indisturbati, in un viale centrale; una libreria con lunghi scaffali di libri europei, e le monografie di Michelangelo o altri con la copertina oscurata da una pagina bianca per evitare di intravedere qualche cosa di inopportuno tra le vesti succinte di un dipinto; un barbiere che mi taglia i capelli raccontandomi della sua passione per il cinema neorealista italiano, con le cui foto ha tappezzato sua bottega. Il barbiere sa qualche frase in italiano, e anche questo non è sorprendente: nelle città iraniane si trovano molte persone che parlano o studiano inglese o francese, talvolta anche l’italiano, e non per una eredità coloniale, ma per un’apertura secolare al mondo. A Isfahan la comunità ebraica ha una sinagoga visibile e aperta e accolgono sorridenti, abusata dal regime come dimostrazione di una tolleranza di sistema, ma anche erede di una tradizione antichissima di presenza e convivenza. L’immagine più sconcertante la trovo al cospetto del monumento di un famoso poeta sufi medievale, con l’omaggio di una famiglia in visita con i due figli. I ragazzini recitano a memoria qualche verso del poeta e alla fine per premio i genitori scartano dei dolcetti e glieli danno: chiedo perché, e mi si dice che succede così, è l’educazione ad abbinare sin da piccoli la poesia e la dolcezza.

Come non amare questa terra, questo popolo? Tuttavia la sua rivoluzione democratica e non violenta non scalda più di tanto il cuori dei media e della politica italiana. Addirittura il nostro governo è dopo la morte di Masha Amini il primo, tra quelli europei, a incontrare il ministro degli esteri Hossein Amir Abdollahian. Non è una notizia che abbia scossa i cosiddetti pacifisti, che sono scesi in piazza, per altro con mesi di ritardo, per protestare contro la “guerra” (certo quella della Russia, ma anche la guerra degli Ucraini, e ca va sans diredella NATO), non battono quasi un colpo – si consultino i siti della Rete Italiana Pace e Disarmo o di Azione Non Violenta, anche cercando “Iran”.

Ben più degno erede dell’azionista Aldo Capitini, il Partito Radicale si è fatto carico di un’iniziativa nazionale il 10 dicembre in occasione della Giornata Mondiale per i Diritti dell’Uomo. Una marcia dell’Italia laica e non conformista, dedicata soprattutto alle donne e ai democratici iraniani. Almeno per un giorno le nostre piazze faranno eco al loro sacrificio contro un sistema che in Iran intreccia illiberalismo e clericalismo, ideologia totalitaria e maschilismo, violenza di Stato e propaganda internazionale. Per questo parlano a nome di tutte le vittime di questi mesi – dall’Ucraina al Medio Oriente sempre più insanguinato, dall’Africa alla Cina - con una lotta non-violenta il cui senso è proprio come Marco Pannella definiva il senso della sua politica: “parola”, “odio della solitudine” e “da marciapiede”.

Critica Liberale ha aderito (come anche i Repubblicani Europei), e chi vuole unirsi può farlo su https://www.partitoradicale.it/marcia-per-i-diritti-umani/.


Niccolò Rinaldi


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