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UNA SOCIETÀ DI PIRATI DELLA STRADA DIVENTATI MAITRE À PENSER - Fuori binario, novembre 2017


La politica italiana sarà incapace di comprendere le condizioni dei cittadini italiani, ma è ancor a più cieca di fronte a quanto accade nella nostra società.

Nessuno, che io abbia visto, ha speso una parola per Adan: tredici anni, irakeno, affetto dal quel doloroso male che è la distrofia muscolare, Adan ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita nei giardini davanti alla stazione di Bolzano. La sua famiglia vi era approdata una volta terminati gli ultimi soldi in viaggio dalla Svezia, paese che aveva rifiutato l’accoglienza. Una famiglia allo sbando, con un figlio distrofico, così, nel bel mezzo dell’Europa.
La prospera Provincia di Bolzano non lo aveva ritenuto degno di assistenza, e solo per l’intervento di alcuni volontari è stato ricoverato in ospedale. Dopo una notte qualche luminare ha deciso la sua dimissione e Adan ha dormito sul pavimento di marmo di una chiesa evangelica che sola ha aperto le sue porte. Il giorno dopo è tornato a bivaccare davanti alla stazione. Stremato, in poche ore è finito in rianimazione ed è morto.
Il padre era scappato da Kirkuk dopo la morte della sorella di Adan, sepolta da un crollo in un bombardamento dell'ISIIS. Molti di noi avrebbero fattolo stesso, pensando che un viaggio pur traumatico verso l’Europa avrebbe rappresentato una possibilità di salvezza. 
Come si sbagliava. Un altro crollo ha sepolto anche il figlio maschio: la rovina di una società che non vogliamo definire razzista ma che razzista certamente è, una società indurita dove nessuno si scandalizza di fronte a tragedie che travolgono non solo Adan e quel che resta della sua famiglia ma anche l’idea di civiltà europea. 
E se la politica non ha niente da dire è perché è accorta: sa bene che la reazione della maggioranza dei cittadini è dura. Restando ai quotidiani che si vorrebbero più progressisti, i lettori hanno le idee chiare nei loro commenti: che ci faceva questa gente, perché non è restata in Iraq, non possiamo farci carico di tutti. Tantomeno di un ragazzino i cui muscoli degenerano giorno dopo giorno e che è abbandonato dalle istituzioni davanti alla stazione di una delle più ricche città d’Europa. Come molto ricco è il paese che ha rifiutato l’accoglienza. Ma non è un problema di ricchezza, ma legale, e poi non legale, ma burocratico; e poi non burocratico, ma organizzativo. Ma in certi casi, come questo, il problema è urgente, ed è in primo luogo morale. 
Saranno, queste mie, le solite geremiadi. Ma penso sia importante suonare l’allarme, perché episodi come questo e il silenzio che lo caratterizzano sono campanelli d’allarmi che non dobbiamo smettere di suonare. Di questo passo, possiamo esserne sicuri: ci scaviamo la fossa, dove, a forza di cinismo e irrazionalità, ci massacreremo gli uni contro gli altri, privi di ogni morale, privi di ogni mutuo sostegno. La società dei pirati della strada diventati maître à penser.


Niccolò Rinaldi


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