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QUARANT’ANNI FA L’ITALIA PERDEVA UGO LA MALFA, UN’ASSENZA CHE PESA - Huffington Post, 1° agosto 201


Quarant’anni fa moriva Ugo La Malfa. L’Italia e l’Europa farebbero bene non solo a ricordarlo, ma a fare tesoro della sua sofferta intelligenza, del suo laico sacrificio quotidiano che ha saputo offrire alla politica una visione più ampia, dove la ricerca costante del bene collettivo primeggia su ogni altra ambizione.

La Malfa era un politico moderno: conosceva il valore delle radici antiche, per lui repubblicane, ma anche quello del costante aggiornamento, restando sempre al passo con i tempi; dava valore all’organizzazione dell’attività politica, e seppe trasformare il piccolo PRI in un motore efficiente, con la grafica intramontabile di Michele Spera, l’articolazione delle organizzazioni interne e vicine. Era anche un politico non italiano, non ingannava con l’uso delle parole a vuote e con il vacuo esercizio delle vanità personali, e tuttavia era un oratore potente che scandiva ogni parola come grazie a uno sforzo fisico e morale. Aveva un’idea chiara della collocazione a sinistra dei repubblicani, ma disprezzava le formule chiuse, e aprì i recinti, senza mai cadere nell’opportunismo, alla Democrazia Cristiana, al PSI, al Partito Comunista. Per lui contava solo l’amore secolare per la patria, una patria che era dentro quella più grande dell’Europa unita. Europeismo, politica dei redditi, programmazione, atlantismo, “Nota aggiuntiva” per il controllo della spesa pubblica, non erano formule vuote, ma declinazioni di valori e di contenuti della sua “sinistra che ragiona”.

Non fu lui il fondatore del Partito d’Azione, né di quello repubblicano. Ma da azionista riconobbe la solidità di una formazione, il PRI, nata nel 1895, e del lavoro mai solitario, ma di squadra. Seppe circondarsi del genio organizzativo di Franco Montanari, morto giovanissimo, di Bruno Visentini, di Giovanni Spadolini, di molti, molti altri. Personaggi con i quali non sempre andava d’accordo, ma era quella fucina di continui confronti che il PRI di La Malfa sapeva donare al paese, in una tensione innovativa costante.


Rileggere la sua vita, ascoltare chi l’ha conosciuto o i un suo discorso, è come sfogliare un laico breviario che ancora oggi costituisce una bussola nella confusione dell’epoca. In forma di piccolo omaggio, ecco alcune testimonianze.


Valiani: ”La nostra laicità non esclude la consapevolezza della natura spirituale di quel che vi è di meglio nell’uomo: la sua ragione. I pensatori dell’antichità classica l’avevamo giù insegnato. L’individuo muore, dopo aver vissuto e sofferto. Lo spirito, la ragione, si tramanda di generazione in generazione, subisce delle eclissi e rinasce. In questo convincimento do l’addio al fraterno amico e indimenticabile luminosa guida Ugo La Malfa.”


Ingrao: ”Il suo antifascismo e il suo repubblicanesimo furono fortemente contrassegnati da questa visione della libertà non solo come bene fondamentale, irrinunciabile, ma anche come condizione necessaria per una modernizzazione dell’Italia, per stare nella storia dell’epoca, per uscire da privilegi e particolarismi. ”


Galasso: ”Il pessimismo di La Malfa non era un fatto di temperamento; era il frutto di un esercizio severo della ragione e della ragionevolezza, di un rifiuto pregiudiziale della demagogia: era, cioè, un fatto di moralità e razionalità. E, in realtà, l’uomo a cui si riprendeva l’umor nero era un politico della migliore tradizione democratica illuminata. Aveva fiducia nella vitalità, nelle possibilità di ascesa materiale e morale dell’Italia e del suo popolo; aveva fiducia in un avvenire italiano diverso e lottava per esso. ”


Cook: ”Egli aveva a lungo sperato di vedere unita una sinistra non comunista, fermamente convinta del valore del mercato, del libero commercio, di forti istituzioni statali, dei principi del diritto, dell’Europa, e della necessità di contenere la spesa pubblica senza mai abbandonare l’idea che uni dei compiti fondamentali dello Stato sia quello di assicurare un’economia di mercato al servizio di più vasti interessi collettivi. ”

”Il pessimismo lamalfiano, così come il suo carattere rigido e taciturno, erano una tipica eredità siciliana, ciò che Sciascia descrisse come il “vedere ogni cosa, ogni idea, ogni illusione – anche le idee e le illusioni che sembrano muovere il mondo – correre verso la morte. Penetrare ogni cosa come lo scirocco: nei Paesi dello scirocco”.


E per finire, tre passaggi di suoi interventi, cominciando da uno alla Costituente del 1946:

”I problemi della democrazia per me sono questi. Noi dobbiamo pensare che un terzo della ricchezza nazionale è distrutto e che ci sono condizioni di fame e miseria. Un terzo della ricchezza nazionale distrutta significa milioni e milioni di italiani che non hanno mezzi di vita. Questi problemi, che la democrazia deve affrontare, non possono essere risolti in un giorno o in un mese. Il malcontento, la fame e la miseria battono alle nostre porte e non possiamo fare nulla, perché non possiamo creare un terzo della ricchezza nazionale in uno o due anni. Tuttavia, dobbiamo avere il senso del cammino da percorrere, dobbiamo avere fede ed energia, perché oggi sembra tutto oscuro ma, se abbiamo fede nell’avvenire, tutto diventerà chiaro. ”


”Nessuna delle grandi esperienze del mondo occidentale è stata condotta sulle rovine e sulla negazione dell’economia di mercato o sulla socializzazione di tutti i mezzi di produzione. Esse sono state condotte sul presupposto di mantenere l’economia di mercato, ma dando una direzione economica all’iniziativa privata, facendola muovere seguendo ben determinate direttive e indirizzi economici e non lasciando all’iniziativa stessa di risolvere problemi che essa non ha potuto e non potrà risolvere.”


”So bene che questo processo costruttivo dell’Europa si trova momentaneamente a un punto critico: o si riesce davvero a fare un passo avanti, o si torna indietro, forse irreparabilmente. Perché non si può credere, né illudersi, di rimanere oltre in una posizione di stallo, così ibrida, così ambigua.

Altrimenti, finiremo per staccarci dall’Europa, per diventare una specie di paese alla deriva nel Mediterraneo, un natante in preda al mare in tempesta, con l’equipaggio sbattuto da tutte le parti.”


La Malfa, un capitano per mari agitati. Averlo perduto presto, ci ha lasciato nella tempesta.


Niccolò Rinaldi


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